Mostra di Nino Cordio all’Abbazia di Montecristo

“L’opera d’arte più preziosa è la natura”: è il titolo della mostra che sarà ospitata nei mesi a venire nell’ex Abbazia di Montecristo, oggi sede dell’Istituto Agrario. Celebrerà la produzione del Maestro Nino Cordio, artista che dai primi anni Ottanta scelse le campagne umbre di Collelungo come dimora alternativa a quella romana. La mostra di affreschi, curata da Arianna Bettarelli, prende il titolo da una sua citazione, presente in una lettera del ’93 e indirizzata al figlio Francesco.
Da tale scelta, non soltanto si evince la centralità del ruolo della Natura nella vita come nelle opere dell’artista, ma anche la volontà del progetto culturale di affiancare agli affreschi le parole di Cordio, in riferimento al proprio lavoro, al proprio rapporto con la terra e il paesaggio umbro. Quest’ultimo infatti, oltre a costituire il perfetto contesto per chi fugge dalle grandi città, come Nino Cordio da Roma, suggerì anche all’artista la sperimentazione della tecnica dell’affresco.
Così, percependo quel “tempo antico” che qui poteva respirare, sin dai primi istanti in cui si insediò nelle campagne umbre, Cordio iniziò a cercare – “su indicazione dei contadini” – delle fornaci abbandonate dove trovare calce spenta: “tesoro” che scoprì proprio nell’area vicina al fiume Chiugena. Cominciò allora l’attività di ripulitura del materiale lavorando “secondo la regola, dal levar del sole fino al calar della sera”. Ciò suggerisce sin da subito una convergenza tra lo spirito a monte del processo tecnico-artistico di Nino Cordio – “necessariamente” a contatto con le materie prime dalla natura – e dell’uomo della terra: il contadino.
Da tale scelta, non soltanto si evince la centralità del ruolo della Natura nella vita come nelle opere dell’artista, ma anche la volontà del progetto culturale di affiancare agli affreschi le parole di Cordio, in riferimento al proprio lavoro, al proprio rapporto con la terra e il paesaggio umbro. Quest’ultimo infatti, oltre a costituire il perfetto contesto per chi fugge dalle grandi città, come Nino Cordio da Roma, suggerì anche all’artista la sperimentazione della tecnica dell’affresco.
Così, percependo quel “tempo antico” che qui poteva respirare, sin dai primi istanti in cui si insediò nelle campagne umbre, Cordio iniziò a cercare – “su indicazione dei contadini” – delle fornaci abbandonate dove trovare calce spenta: “tesoro” che scoprì proprio nell’area vicina al fiume Chiugena. Cominciò allora l’attività di ripulitura del materiale lavorando “secondo la regola, dal levar del sole fino al calar della sera”. Ciò suggerisce sin da subito una convergenza tra lo spirito a monte del processo tecnico-artistico di Nino Cordio – “necessariamente” a contatto con le materie prime dalla natura – e dell’uomo della terra: il contadino.
La convergenza etica e culturale tra l’ente ospitante (Istituto Agrario) e la produzione artistica ospitata, offre al progetto espositivo l’elemento fondamentale su cui strutturarsi in virtù di una reciproca valorizzazione. “Persino l’ubicazione e l’origine del complesso architettonico – scrive Arianna Bettarelli – giocano un ruolo funzionale alla buona riuscita dell’esposizione. Contornato dal verde e investito da una quiete al limite del sacro, l’Ex Monastero Montecristo si accorda perfettamente a quel silenzioso, contemplativo nonché quasi ritualistico rivolgersi alla Natura proprio di Nino Cordio. E tale elemento si manifesta sia nei suoi soggetti pittorici (nature morte, icone di vita rurale, animali o paesaggi) sia nella temporalità lenta e progettuale della tecnica dell’affresco: un tempo dell’ascolto e dell’attesa del rigoglio del proprio operato, non dissimile da quello del contadino”.
L’istallazione di una quarantina di affreschi all’interno delle aree del chiostro, dell’ex chiesa e della sala docenti, insieme alla relativa presenza di un apparato didattico in 5/6 pannelli, scandirà il percorso espositivo volto dunque – nell’effettivo – a giungere al credo esistenziale dell’artista nonché dell’ente ospitante, oltre a promuovere la riscoperta di uno dei complessi architettonici più antichi (XIII sec.) della città di Todi. Ciò, in ultimo, unito alla necessità di rispondere al sempre più emergente e sociale ritorno alla Natura.
L’istallazione di una quarantina di affreschi all’interno delle aree del chiostro, dell’ex chiesa e della sala docenti, insieme alla relativa presenza di un apparato didattico in 5/6 pannelli, scandirà il percorso espositivo volto dunque – nell’effettivo – a giungere al credo esistenziale dell’artista nonché dell’ente ospitante, oltre a promuovere la riscoperta di uno dei complessi architettonici più antichi (XIII sec.) della città di Todi. Ciò, in ultimo, unito alla necessità di rispondere al sempre più emergente e sociale ritorno alla Natura.